[:en]Quinta tappa verso east[:it]Quinta tappa verso est[:]

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Tra la stanchezza della giornata precedente sotto la pioggia, il male alla schiena e la tensione per aver rischiato di finire il viaggio in anticipo, non sento neppure la sveglia. Ci pensa il vociare e il traffico di inizio mattina di istanbul, una citta’ di 14 milioni di abitanti che non si ferma praticamente mai. I negozietti stanno per aprire, la gente con calma mette le mercanzie fin fuori sui marciepiedi che gia’ sono un via vai di turchi. Ho riposato, e questa e’ gia’ un ottimo cosa. Gli antidolorifici continuano a fare effetto e mi alzano il morale sopratutto perche’ oggi voglio recuperare un po’ di km che non ho potuto fare ieri per la sosta qui a Instabul non prevista. Dopo una doccia preparo i bagagli, preferisco caricare subito la moto e partire per cercare di evitare il traffico pesante della citta’. La colazione puo’ aspettare anche perche’ il cielo e’ di nuovo coperto e non promette nulla di buono.

Alle 8 sono gia’ imbottigliato nel traffico. Ma il navigatore fa ancora una volta un ottimo lavoro nel portarmi all’imbocco di uno dei due ponti sul Bosforo. Non posso fare altro che emozionarmi mentre lo attraverso con la mia moto. Rimango sulla corsia piu’ a destra delle quattro per potermi gustare il passaggio sullo stretto che unisce il Mar Nero al Mar di Marmara. Guardo il mare e le grandi navi che lentamente passano sotto. Il ponte segna di fatto il confine con l’Europa. Ora sono in Asia!

Istanbul Ponte sul Bosforo
Istanbul Ponte sul Bosforo
Navi nel Mare di Marmara
Navi nel Mare di Marmara

Riprendo l’autostrada e mano a mano che mi allontano da istanbul il traffico torna normale. Mi fermo a fare benzina e fare colazione. Nel parcheggio intravedo un altro motociclista che mi saluta. Mi avvicino. Una stretta di mano, un po di complimenti per le proprie moto. E’ il primo che incontro lungo il percorso da quando ho lasciato l’italia. E’ ancora meta’ Giugno e per molti moto viaggiatori le ferie iniziano solo nei mesi di Luglio e Agosto. E’ un motociclista turco che sta rientrando dalle ferie fatte girovagando per il sud est della Turchia. Non parla inglese e io non parlo turco ma come sempre in viaggio il linguaggio dei gesti e’ universale. Facciamo colazione insieme e mi da diversi consigli sulle strade che dovro’ affrontare. Il minimo che posso fare e’ offrirgli la colazione. Ripartiamo entrambi e dopo un po’ di strada insieme, lui svolta verso nord, sulle coste del Mar Nero, io proseguo a est, lasciandomi lo stretto e il mare di Marmara alle spalle ed entrando nella regione dell’Anatolia.

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A Gerede lasco l’autostrada che prosegue a sud per Ankara, io sempre dritto verso est e in un attimo le citta’ diventano cittadine e poi paesi. tutto attorno colline e immense risaie. Alcuni laghi artificiali create da dighe e le immancabile moschee che spuntano ovunque con i loro alti minareti. Dagli altoparlanti i muezzin invitano i fedeli alla preghiera diverse volte al giorno. La strada si fa sempre piu’ collinosa. Si sale in altidutine anche oltre i mille metri per poi ridiscendere in splendide vallate.

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Questa zona dell’Anatolia non e’ ancora un altopiano. Qui si coltiva abbondantemente la terra. I contadini portano i loro raccolti sulla strada, dove in appositi punti si sono fatti dei banchi in legno coperti dove possono vendere il raccolto di giornata e offrire un immancabile chai (l’ottimo e bollente te’ turco). Mi fermo in una di questa piazzole per riposarmi. La baracca di legno e’ vuota ne approfitto per mangiare e bere qualcosa che mi ero portato dietro dall’ultima sosta. Il Sole e’ caldo e il cielo adesso e’ limpido. Mi godo l’ombra quando arriva un contadino che emerge dai terreni a lato della strada. Ha un cassa piena di ciliege enormi, rosse come il sangue e un bambino di circa cinque anni, il figlio penso, che lo segue. Capisco di avergli occupato la baracca di legno da cui dovra’ vendere la merce. Non parla inglese ma gli faccio intendere le mie scuse e mi sposto ma lui insiste che resti li sotto all’ombra e mi offre di prendere delle ciliege dalla cassa. Ne prendo una, ma lui si alza ne prende una enorme manciata e me la mette in mano. Voglio pagarlo ma lui non ci pensa proprio. Gli offro dei biscotti ma lui con un enorme sorriso mi fa capire che e’ il ramadam. Non puo’ mangiare. Se prima ero imbarazzato adesso sono mortificato. Gli chiedo scusa ma lui sorride, con un sorriso sincero e mi invita a prendere ancora delle ciliegie. Non ho nulla da dargli in cambio, anzi forse ho troppo di tutto ma nulla che possa veramente ricambiare la sua generosita’ verso un completo straniero. Gli chiedo se posso fargli una foto insieme al figlioletto, accetta molto volentieri. Lo saluto e riparto. Incontri cosi’, in queste terre, sono all’ordine del giorno. Questi sono popoli che per millenni hanno visto passare viandanti, mercanti, viaggiatori offrendo loro ospitalita’ e riparo. Hanno valori che noi occidentali abbiamo ormai perso soffocati dalla diffidenza verso tutti e tutto cio’ che non conosciamo.

Frutta e verdura in vendita sulle strade dell Anatolia
Frutta e verdura in vendita sulle strade dell Anatolia
Grazie per le ottime ciliege e per la lezione di umanita'
Grazie per le ottime ciliege e per la lezione di umanita’

Riprendo la strada. Il paesaggio si fa piu’ montuoso. L’asfalto invece si fa pessimo per il continuo traffico di camion che vanno verso l’estremo est della turchia e l’Iran. La strada rimane comunque scorrevole in questo periodo. Ad Osmancik il tempo peggiora rapidamente. La strada passa in mezzo a gole scavate nella roccia ma tutto attorno nuvoloni neri corrono veloci spinti da un forte vento. Si sale in quota sopra i mille metri e in un attimo inizia a piovere. Prima e’ pioggia fastidiosa ma poi e’ temporale. Lampi che scendono tra le montagne. Mi fermo e mi infilo la tuta antipioggia e proseguo con prudenza ma dopo pochi km devo cedere. Una fitta grandinata mi martella il casco. Prima che succeda qualcosa a me e alla moto mi fermo a un benzinaio ad aspettare che si calmi un po’. Poi riparto per fermarmi nella vallata successiva e ripararmi in un locale di ristoro lunga la strada. La pioggia e talmente forte che i proprietari del locali fanno foto come se fosse un cosa inusuale. Mi offrono un chai che mi riscalda, la temperatura e’ bruscamente scesa.

Dopo le foto di rito riparto, piove ancora ma almeno in maniera normale da permettere di guidare. Arrivo nella bella cittadina di Amasya sono le sei passate ma sembra notte fonda con questo tempo. Cerco un hotel e dopo un po’ di giri mi infilo in uno stretto vicolo della vecchia citta’ ottamana. Fermo un ragazzo e gli chiedo un hotel, parla un buon inglese e mi indica la porta accanto. Senza volerlo mi trovo proprio davanti a uno dei meravigliosi hotel costruiti nelle vecchie case ottomane. Attiro un bel po’ di gente sia dell’hotel che dalle case vicine. Le solite domande di rito… Da dove vieni, dove vai, quanti km hai fatto, quanto costa la moto…mi fanno parcheggiare proprio davanti all’hotel nel vicolo. La camera ha una vista meravigliosa sul fiume ed e’ arredata nel vecchio stile ottomano. Doccia e poi chiedo se posso mangiare qualcosa. E’ tardi ma i simpatici ragazzi che lavorano nell’hotel mi invitano a cenare al tavolo con loro. Una bella chiaccherata, mi offrono chai e datteri a fine pasto. Poi la stanchezza e il mal di schiena si fanno sentire, loro devono tornare al lavoro non prima di essere andati a pregare. Io raggiungo la mia camera e mi butto nel letto, non sento neanche il Muezzin.

Amasya camera hotel in casa ottomana
Amasya camera hotel in casa ottomana
Amasya case ottomane
Amasya case ottomane
Amasya case ottomane e tombe nella roccia
Amasya case ottomane e tombe nella roccia
Amasya fiume
Amasya fiume
Amasya Hotel in vecchia casa ottomana
Amasya Hotel in vecchia casa ottomana
Amasya moto parcheggiata davanti Hotel
Amasya moto parcheggiata davanti Hotel
Amasya vecchie case ottomane sul fiume
Amasya vecchie case ottomane sul fiume
Amasya veduta dalla camera hotel
Amasya veduta dalla camera hotel

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