Grazie Reverendo Ellis

Non appena si gira l’angolo tra Old Lenton Street e Broad Street il silenzio della via viene immediatamente rotto dai cori festanti. La via è deserta, come è giusto che sia oggi a quest’ora. Pochi passi ancora e si inizia a capire che l’atmosfera è già ben oltre l’euforico. Il freddo pungente del fine pomeriggio improvvisamente sembra allentare la morsa un attimo prima di entrare. Ci si ferma a pochi metri dell’ingresso e guardando dai vetri appannati delle finestrelle ci si domanda come sia possibile che tutta quella gente possa stare dentro a quel pub cosi piccolo. Ma è quando si apre la piccola porta in legno che come per magia si viene risucchiati dentro senza nemmeno accorgersene. Si rimane spaesati per alcuni istanti. La confusione di persone in movimento si contrappone alle teste di quelle sedute attorno ai tavoli che sembrano disegnare strane e ordinate figure geometriche. A cerchio, ovali, a semi cerchio o semplicemente a rettangolo. Ogni tanto, sopra le teste, passano velocemente vassoi carichi di caraffe piene all’inverosimile che ad ogni abile zig zag della mano che li regge traboccano soffice schiuma bianca. Inutile cercare il bancone. Inutile cercare un tavolo libero o un posto per sedersi. Un passo dentro e ci si ritrova parte di quel caotico andirivieni. Senza accorgersene si passa davanti ai tavoli in un continuo “Hi mate!”, “Cheers!” e cori “England! England!” cercando qualcuno che si sa essere li dentro ad aspettarci già da un po’, magari seduto con una pinta in mano. Ma è inutile, perché’ improvvisamente lo schermo gigante sulla parete al fondo prende vita. “Yeaahhh” l’urlo che si alza è come un sordo frastuono. Tutte le teste si girano in una unica direzione. Quelli in piedi si affrettano al bancone o ai tavoli. Il brusio diventa sempre più insistente. Poi ancora cori. “England!, England!” Ed ecco che sullo schermo gigante appaiono le prime immagini in diretta. Su di un prato verde smeraldo una fila ordinata di uomini in divisa bianca, ritti, immobili, sguardo alto e fiero. Mano destra sul cuore. Dal piccolo locale si alza tuonante un “Oleeee”. La telecamera inizia ad inquadrare lentamente gli uomini uno ad uno. I volti carichi di agonismo, Poi improvvisamente partono le note che sovrastano il rumore del locale. Una, due… e tutti i presenti si zittiscono all’unisono. Chi è seduto si alza in piedi chi è già in piedi si affretta a posare i bicchieri. Il movimento caotico di persone si ferma all’istante come se qualcuno avesse premuto il tasto pausa su di un telecomando virtuale. L’atmosfera del locale è ora cosi carica che si riesce a sentire l’adrenalina scorrere a valanga dentro al proprio corpo. Il cuore batte all’impazzata quasi sentisse il momento che sta per arrivare ma che la mente ancora non afferra. L’energia che avvolge tutto e tutti diventa un’onda che velocemente si carica di un invisibile forza sotto le note dell’orchestra. Poi, tutti nello stesso istante liberano la voce in ”God Save the Queen”. E’ un unica voce possente che fa tremare i cuori e i vetri del locale. E sale, sale…in una costante e intensa cavalcata. Inutile razionalizzare qualcosa in quel momento. Non si riesci più a capire dove ci si trova, o cosa si stia facendo, si boccheggia semi-soffocati dall’emozione, Senza rendersene conto ci si ritrova a intonare le stesse parole di quell’onda irrefrenabile senza mai averle sentite prima. Dura un momento, forse lungo o forse breve. Impossibile da confinare dentro ad un lasso di tempo.  Ma quando anche l’ultima nota scorre via trasportando un vibrante “..for Britain’s sake defend Our mother, prince, and friend, God save the Queen!” il boato conclusivo riporta immediatamente il caotico movimento nel locale e l’assordante vociare. A quel punto ci si scuote come svegliati da un sogno. Si è seduti ad un tavolo, uno qualunque, attorniati da volti sconosciuti e una birra davanti, arrivata da non si sa dove. Lo sguardo sorridente e ansioso dei presenti che con i boccali alzati rimane quasi sospeso in attesa che li si imiti. “Cheers!!” urlano non appena si afferra il proprio. C’è giusto il tempo di lanciare qualche parole senza senso e unirsi in qualche risata che poi di nuovo all’improvviso un altro boato fa istintivamente voltare tutti in un unica direzione. Dallo schermo gigante si vede inquadrata la palla ovale ruotare velocemente in aria. E’ il calcio di inizio. Non appena la palla atterra nelle braccia del numero 9 ecco di nuovo l’onda che spinge il giocatore nella sua corsa. La senti, ti travolge, ti ancori al tavolo per non farti ribaltare. Ogni placcaggio evitato è accompagnato da un “Go! Go!”, ogni passaggio laterale da un “Come on!” e la forza dell’onda aumenta sempre più. In un attimo di razionalità ci si guarda attorno per assicurarsi che le pareti del locale ci siano ancora e che non si sia stati trasportati direttamente la. Poi un avversario pone fine alla corsa del numero 9 e il locale affonda in un profondo “Nooo”. L’onda di energia si placa per un attimo e si riesce a prendere fiato. Ma è breve, l’ovale avanza contro adesso. L’onda riprende impetuosa. Carica e carica…ci si ritrova in piedi senza saperlo incitando la linea di uomini bianchi. Un placcaggio…il tavolo vibra nello stesso istante come si fosse contribuito alla forza del colpo. ma non basta, la palla viaggia veloce yard dopo yard. Un altro placcaggio duro, regolare, questa volta è il pavimento in legno come se l’avversario fosse stato steso a pochi passi dal bancone. Ma la palla vola via leggiadra e imprendibile. Poi improvvisamente si sente ancora l’onda salire di energia, salire prepotente, tutti in piedi ed ecco l’ovale quasi spinto da quella invisibile forza schizzare a terra e, beffardo, rimbalzare nelle mani del numero 10. “Yeaah come on!!” il boato che esplode. E parte il contropiede improvviso. Ogni passo di quella corsa che porta la palla verso la linea bianca sembra riecheggiare nel locale accompagnato dal continuo urlare “England!, England!” I piedi del numero 10 non fanno in tempo a toccare terra che l’onda lo spinge sul prossimo passo. Ed infine la palla passa la linea di meta spinta da migliaia di invisibili mani. Non ci sono parole per descrivere quel momento in quel minuscolo pub. Solo un doveroso grazie al reverendo William Webb Ellis. Grazie per aver preso quella palla con le mani in quel lontano 1823, durante una partita di calcio e di aver corso verso la porta. Solo qui in questo paese poteva nascere uno degli sport più belli, più veri, più nobili e più emozionanti di sempre.

Inghilterra – Galles. Torneo sei nazioni di Rugby in un pub inglese.

5 Risposte a “Grazie Reverendo Ellis”

  1. E’ la terza volta che tento di scriverti, poi per un motivo o per l’altro devo interrompere e poi non riesco ad inviarti il messaggio. Forse stavolta ci siamo.
    Chissà che bel clima festante al pub, anche perchè l’inghilterra vince quasi sempre, vedi con l’Italia, che tra l’altro non ha demeritato almeno per una volta. Ma i tifosi del rugby si incazzano come come quei dementi del calcio? Sport che tra l’altro ho praticato per anni. ( con scarsi risultati). Vedendo le persone che vanno allo stadio per seguire il rugby, sembrano di un altro pianeta rispetto al calcio, famiglie con bambini, tifosi di entrambe le squadre mischiati senza nessun problema nonostante la birra scorra fiumi. Mah misteri! Comunque gran bello sport! Il prossimo figlio sarà maschio e giocherà al nobile sport del rugby. Ora ti saluto prima che perda anche questo messaggio, ciao Luca a presto.

  2. Ciao Giuseppe, sono contento di sentirti, state tutti bene ?
    Domenica scorsa sono tornato nello stesso pub proprio per vedere la partita Italia-Inghilterra (bravissimi i nostri ragazzi, hai ragione non abbiamo per niente demeritato). Mi sono seduto al tavolo con tre italiani conosciuti al momento, eravamo solo noi, tutti gli altri presenti erano sudditi di sua maesta’. ma abbiamo bevuto e tifato per tutta la partita fianco a fianco, ridendo, scherzando e anche commentando passionatamente tutto quello che succedeva sul campo ma sempre nel rispetto reciproco tra noi tutti e perfino nei confronti dei giocatori allo stadio!!! A partita finita il tavolo accanto ha offerto un giro di birra a noi quattro italiani sconfitti ma la cosa incredibile ci e’ capitata quando alcuni dei presenti, finita la partita, prima di uscire dal locale sono venuti a stringerci la mano e farci i complimenti per come l’italia aveva giocato! A noi!! Subito sono rimasto a bocca aperta poi mi e’ venuto in mente il famoso terzo tempo…the third half che altro non e’ che un vero e proprio banchetto offerto dai padroni di casa per onorare gli avversari e che inevitabilmente si estende tra i tifosi allo stadio e nei pub….uno sport in cui la regola fondamentale e’ quella di onorare gli avversari educa anche i tifosi a fare lo stesso tra loro…tifosi che e’ sempre bene ricordarcelo siamo noi e la gente che ci sta intorno. Meraviglia dello sport, quello vero. Fantastico!!.
    Certamente la diversita’ tra i tifosi di rugby e quelli del calcio si nota anche qui, anche se non in maniera cosi netta come in Italia. Ci sono anche qui i deficenti ma vengono immeditamente isolati dalla gente stessa, sia negli stadi che nei pub.

    Ah…dimenticavo a maggio passero’ dalle vostre parti nel mio viaggio verso il mar rosso, sto definendo l’itinerario se non siete via metto la freccia e vi disturbo per un veloce saluto.
    Ciao.

  3. Ciao Luca, noi stiamo tutti bene, grazie. In questi giorni Chiara era un pò in fermento perchè un pò stanca dei ritmi di lavoro della tabaccheria si era messa a cercare un altra attività tramite la camera di commercio di Lodi, ma le hanno vivamente sconsigliato di cambiare in questo periodo visto la crisi generale, a maggior ragione per una piccola attività commerciale, quindi si continua cosi . Molto sportivi i tifosi inglesi, in effetti tutti gli sport dovrebbero essere vissuti con lo stesso spirito di sana competizione limitata alla durata dell’incontro e poi….tutti amici a bere una birra, fantastico! A maggio ti aspettiamo più che volentieri!! Ciao e buona giornata.

  4. Ciao!
    Che bello leggere del clima in quel pub per vedere la partita.
    Personalmete ho ancora uno splendido ricordo di una partita Italia – Nuova Zelanda che ho visto ormai una decina di anni fa a Genova.
    La prima cosa che mi colpì fu proprio la composizione del pubblico, tantissime famiglie con bambini, e poi… la haka, incredibile l’emozione di quel rito! Mi era stato spiegato che la caratteristica di questo sport, diversamente dal calcio è il fair play. Quello che accade in campo resta lì, mentre quando la partita finisce si è dinuovo tutti amici!!
    Siamo qui ad Imperia per una domenica familiare con un pizza party!
    Tutti ti salutano, abbiamo provato a chiamarti ma non sei connesso.
    Marco vuole farti sentri come conta in inglese fino a 10!
    Anche se non ci sentiamo, ti pensiamo e ti nominiamo spesso, ti fischiano le orecchie?
    Un abbraccio
    Mara

  5. Ciao Mara spero stiate tutti bene…un grosso abbraccio a tutti quanti ci vediamo tra un mesetto e di a Marco di prepararsi che lo voglio sentire contare fino a 10 in inglese di persona.
    Ciao

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